10.11.2022

OSSERVATORIO ANBI RISORSE IDRICHE

IL PUZZLE DELL’ACQUA ESPONE SEMPRE PIU’ L’ITALIA A GRANDI RISCHI:

DALL’ARIDITA’ DEL NORD ALLE ALLUVIONI AL SUD

“In assenza di infrastrutture calmieratrici, come i serbatoi previsti dal Piano Laghetti ed i bacini di espansione indicati nel Piano Invasi, siamo destinati a ricorrenti emergenze idriche per troppa od insufficiente acqua”: a sottolineare l’evidenza di un preoccupante futuro per un Paese in grave ritardo rispetto alla crisi climatica, è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, davanti all’immagine del “puzzle idrologico”, che emerge dall’analisi delle tendenze evidenziate dal report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche.

Gli esempi opposti  arrivano dalla Campania e dal Veneto.

Nella regione meridionale si è sfiorata un’altra “tragedia annunciata” sulle province di Avellino e Salerno, dove rispettivamente il  23,3% ed il 22,1% del territorio è ad elevato rischio idrogeologico con 130.000 abitanti in pericolo di allagamento ed oltre 170.000 minacciati da frane (in Campania, oltre 1.118 chilometri quadrati, cioè l’8,2% del territorio, sono ad elevato rischio idrogeologico con  poco meno di 410.000 persone insediate in zone altamente alluvionabili ed oltre 287.000, che vivono in aree soggette a franamenti): su Montella, nell’avellinese, in poco più di 30 ore si sono rovesciati oltre 230 millimetri di pioggia, ricoprendola di fango ma, nel solo 4 Novembre, mm. 100 sono caduti su Ercolano e, nel salernitano, mm. 145,8 su Baronissi, mm. 133,2 su Pizzolano, mm. 132,8 su Giffoni Valle Piana; numerose sono state le esondazioni con il fiume Ofanto, che è cresciuto di quasi 3 metri in sole 8 ore!

“E’ evidente che ovunque, se alla fragilità anche infrastrutturale del territorio, si somma un’urbanizzazione spesso incontrollata – prosegue il Presidente di ANBI il rischio idrogeologico si moltiplica. Per questo ribadiamo  la richiesta di porre l’approvazione della legge contro l’eccessivo consumo di suolo tra le priorità del Governo.”  

La perturbazione dei giorni scorsi si è poi estesa alla provincia di Foggia, dove su Torremaggiore, Chieuti, Serracapriola, San Paolo Civitate sono caduti oltre 100 millimetri di pioggia in poche ore, mentre perturbazioni minori si sono registrate sul versante adriatico del basso Salento e sulla costa ionica fino ad arrivare alle poche gocce di pioggia, che hanno bagnato il territorio barese.

“Di fronte all’estremizzazione degli eventi atmosferici emerge chiaramente un dato: laddove esistono bacini di accumulo idrico non solo si riduce il rischio di gravi conseguenze per il territorio, ma si migliora la condizione delle riserve d’acqua; l’esempio arriva dalla provincia dauna, dove gli invasi della Capitanata, localizzati proprio nei distretti maggiormente interessati dalla perturbazione, segnano  +3,6 milioni di metri cubi nel totale dei volumi invasati, vale a dire un patrimonio d’acqua a disposizione dell’agricoltura e del territorio” sottolinea Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

La situazione idrologica è diametralmente opposta al Nord, dove  i grandi laghi sono ancora in forte deficit (ad eccezione del Lario, che ora è sopra la media storica):  il Maggiore è circa 70 centimetri sotto il livello medio del periodo, così come il Sebino che, pur crescendo, resta  sotto media di oltre 25 centimetri. La situazione più preoccupante è quella del lago di Garda, la “cassaforte” idrica dell’Italia centro-orientale nei mesi di siccità e che con un riempimento pari al 28,6% è largamente sotto media, puntando verso il minimo storico.

A sommarsi alla grave crisi del più grande lago italiano c’è la mancanza quasi totale di piogge ottobrine sul Veneto:  -86% con aree, che superano -90%  fino a toccare -96% nel bacino Fissero-Tartaro-Canal Bianco; ciò si ripercuote ovviamente sia sui corpi idrici superficiali (il livello del fiume Livenza, che ha esaurita una delle due sorgenti,  è ancora m. 1,80 più basso rispetto all’anno scorso, mentre  Adige, Brenta e Bacchiglione hanno portate largamente inferiori alle medie storiche: rispettivamente -41%, -66%, -85%) sia sulle falde, che in molti casi sono di oltre mezzo metro inferiori ai livelli minimi degli scorsi venti anni. Sulle Dolomiti Bellunesi si è arrivati a registrare oltre 4 gradi di temperatura in più rispetto alla media del periodo (fonte: Arpav).

Non va certo meglio in Toscana dove, in un Ottobre fra i più secchi della storia, il deficit pluviometrico regionale medio ha raggiunto il 93,7% con 112,8 millimetri in meno, combinandosi  con temperature medie, che hanno superato  ogni record! Salvo locali piogge ristoratrici, i livelli di falda hanno segnato il livello più basso mai raggiunto, così come il lago di Massaciuccoli (–52,2 centimetri sullo zero idrometrico, quando il livello minimo registrato nello scorso ventennio è  stato di cm. -29)  o il fiume Serchio, che supera appena  il Deflusso Minimo Vitale e  l’ Arno, che rimane ancora sotto media con una portata di soli 7,68 metri cubi al secondo.

Permane la grave crisi del fiume Po (citata anche in sede di Cop 27), che a Torino segna una portata inferiore ai 16 metri cubi al secondo contro una media pari a circa mc/s 95!

In Piemonte solo pochi fiumi registrano un incremento di portata dopo un Ottobre “boccheggiante”: tra questi, la Stura di Demonte e la Sesia, che rimangono però rispettivamente  a -64,71% e -83,46% sulla media storica!  Il perché di tale crisi idrica risulta evidente, leggendo i dati delle precipitazioni: se a livello regionale, nel mese scorso è mancato all’appello il 36,1% di pioggia, nei singoli bacini si sono toccate punte di -85,7% per la Bormida o -80,2% per Scrivia Curone;  segno + solo sui bacini di Dora Baltea, Toce e Ticino.

In Valle d’Aosta, dove la scorsa settimana sono caduti mediamente circa 17 millimetri di pioggia, la portata della Dora Baltea è in discesa, mentre cresce quella del torrente Lys.

In Lombardia scende  la portata del fiume Adda ma, grazie al contributo delle piogge cadute  nelle scorse settimane, il gravissimo deficit nelle riserve idriche si è ridotto dal 44,2% al 29,7%.

E’ piovuto anche in Friuli Venezia Giulia con apporti importanti sulla provincia di Udine (oltre 85 millimetri a Cividale del Friuli, mm. 82,8 a Bicinicco, mm. 72,8 a Gemona del Friuli).

In Liguria, anch’essa colpita dalla carenza di pioggia ottobrina, le precipitazioni dei giorni scorsi (superiori ai 100 millimetri solo sulla Val Trebbia) non hanno influito significativamente sull’innalzamento dei corpi idrici, che continuano a versare in condizioni critiche con livelli  al di sotto dei valori minimi mai registrati; a risentirne sono anche i livelli di falda, che in questa regione dipendono strettamente da quelli delle acque di superficie e che presentano livelli di soggiacenza pari o prossimi ai minimi storici.  Il versante padano della regione è l’unica zona ad aver registrato un innalzamento significativo nel livello dei corsi d’acqua (fonte: Omirl).

In Emilia-Romagna, dove da inizio ottobre sono finora mediamente caduti solo 24 millimetri di pioggia e dove le uniche zone ad aver beneficiato di precipitazioni consistenti sono i bacini montani dal Parma al Trebbia (mm.65 ca. dal 1° Ottobre e di cui mm.37 a Novembre),  gli invasi piacentini trattengono solamente 230.000 metri cubi d’acqua e le portate dei fiumi appenninici, pur in leggerissima crescita, registrano scarti negativi sulla media mensile che vanno dal  93% della Secchia all’89% del Savio, al 75% dell’Enza fino al 92% del Taro.

In Umbria non migliorano le critiche condizioni del lago Trasimeno (m. -1,54, quando la soglia minima è indicata a m. -1.20) e l’invaso di Maroggia trattiene soltanto 690.000 metri cubi d’acqua.

Nelle Marche i fiumi tornano sui livelli minimi degli  anni più recenti.

Nel Lazio calano ulteriormente i livelli del lago di Nemi, così come quelli del fiume Liri, mentre crescono il Tevere e finalmente l’Aniene, le cui portate però mantengono un impressionante gap con le medie storiche.

In Basilicata, le consistenti  precipitazioni soprattutto nelle zone confinanti con la Puglia (mm. 73,7 a Melfi, mm. 54 a Ripacandida) non hanno beneficato gli invasi regionali, che in una settimana segnano un ulteriore decremento di circa 7 milioni di metri cubi.

Infine, situazione diversificata in Sardegna: se nel Sud la condizione idrica degli invasi è confortante, è altresì definita di allerta per i bacini settentrionali (addirittura d’emergenza per il serbatoio Maccheronis), che trattengono volumi d’acqua superiori all’anno scorso, ma inferiori alla media dei recenti 12 anni.

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